La società dell’immagine che ti ha respinto, Aylan, oggi si interroga sulla opportunità di pubblicare la foto della tua morte.
Il mondo che non ti ha dato asilo, oggi piange perché all’asilo non ci andrai mai.
Per tutto questo, io ti chiedo scusa.
Ti chiedo di perdonarmi per i tramonti che non vedrai mai, per i libri che non potrai mai leggere.
Ti chiedo scusa se oggi la tua morte ha aperto il grande dibattito sulla moralità: sciacallaggio o dovere di cronaca?
Perdonami, Aylan, se non ero lì.
Se non ti ho potuto salvare.
Come vorrei abbracciarti, baciarti, stringerti forte e riscaldarti.
Forse così, con il mio calore, potresti risvegliarti!
Perdonami, Aylan.
Perché abbiamo perso tempo a chiamarti “migrante”, “clandestino”.
E abbiamo dimenticato che sei un bambino, solo più coraggioso di tutti noi.
Io, al tuo posto, non mi perdonerei Aylan.
E adesso, non riesco a perdonarmi.
Su quella sabbia, dove ti sei addormentato, avrei voluto giocare con te.
Perdonami, Aylan.
Forse un giorno torneremo a giocare insieme.
Angela M. Lomoro
Bellissima!
Grazie per aver espresso con poche e semplici parole il dolore che provo anch’io come te e il desiderio di chiedere perdono. Anche se l’impotenza europea mi fa provare un’immensa rabbia e vorrei che riuscissimo a coordinare azioni dal basso per svegliare i nostri rappresentanti (sigh!).
Ma sembra quasi un’utopia. Possibile?
Restiamo umani.