La vita è speciale.
Quando meno te lo aspetti, sa regalarti delle coincidenze sottili ed emozionanti.
Ecco che nello stesso giorno, giovedì 13 ottobre 2016, due pensatori unici e geniali si uniscono sul filo bellissimo della letteratura.
Dario Fo si fa una gran bella risata (una delle sue fragorose e contagiose), chiede un bacio al figlio Jacopo. Poi si addormenta per sempre. Noi piangiamo tanto, lui è tra le braccia della sua amata Franca. Non si erano mai lasciati: il “re dei giullari” ha continuato a sentirla nelle piccole cose quotidiane, come una magia.
Sesto italiano (dopo Carducci, Pirandello, Quasimodo, Deledda e Montale), Dario Fo aveva rcevuto nel 1997 il premio Nobel per la letteratura, perché «seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi».
Nel giorno della sua morte, a qualche ora di distanza, arriva – inattesa – la notizia dell’assegnazione dello stesso premio a Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan. Nella sala di Stoccolma è boato. Il pubblico è felice, incredibilmente sorpreso per un riconoscimento che arriva con 20 anni di ritardo. Meglio tardi che mai, certo.
In queste ore, la stampa raccoglie le reazioni del mondo politico e culturale e le voci del popolo. Si esprime cordoglio per la morte di Dario Fo (qualcuno perde la buona occasione per restare in silenzio) e si commenta l’assegnazione del prestigioso nobel a Bob Dylan (qualcuno esibisce presunti dubbi).
Una cosa, però, è certa. La letteratura, la suprema delle arti, accoglie tra le sue braccia di poesia due cantori diversi, lungimiranti e sensibili. Li prende con sé nello stesso giorno, l’uno dal teatro e l’altro dalla musica, e li unisce nel solco millenario della tradizione lirica. Erano immortali e lo saranno per sempre.
Addio Dario Fo, congratulazioni Bob Dylan.
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