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Un giorno, in metro
Si sa, quando si viaggia in metro o in bus, si è spesso pensierosi. “Ho pagato la bolletta del gas?” “Stasera preparo pollo al forno con le patate”
Oppure ci si guarda intorno. A me succede così: osservo la gente, fino a che il mio sguardo si posa su qualcuno in particolare e inizio a immaginare una storia.
Di fronte a me è seduta una graziosa signora, ancora bella nonostante le rughe.
Ha i capelli bianchi, corti e ricci. Gli occhiali a forma rotonda sembrano contornarle il viso, fine ed elegante.
In una mano porta un giornale, ripiegato su se stesso; nell’altra, ha una borsetta della spesa. Spuntano delle foglie di insalata.
La signora Carla – è così che mi piace chiamarla – indossa jeans e una camicetta bianca. Alle orecchie porta delle perle, il suo unico gioiello.
E’ calma, sembra di buon umore. Forse sta pensando ai suoi nipotini. Domani è sabato. Li vedrà e preparerà loro la sua famosa crostate di mele.
Anche nonno Mario, suo marito, la adorava. Qualche anno fa se n’è andato a causa di un infarto.
“Santa morte”, pensano tutti. E anche la signora Carla si consola, pensando che Mario non ha sofferto.
Da quando suo marito non c’è più, Carla ha ripreso a leggere romanzi rosa, come faceva da ragazza.
La voce registrata della metro annuncia la prossima fermnata; un musicista intona La vie en rose.
La signora Carla scende, corre a comprare le mele.
Bari, odi et amo
“Bari
u’ ammor mi si tu…
ie penz semb a te
Bari du core mi
tu si la zita mè!”
Per chi non conoscesse il dialetto barese,
questa è una poesia d’amore per la città di Bari.
Io la mia città la amo.
Eppure, a volte, mi fa paura.
E mi rattrista.
Questa notte, a Bari, un senza tetto ha rischiato di morire.
Alcuni individui (sono forse da considerarsi persone?)
hanno bruciato le coperte con cui cercava di riscaldarsi.
Ecco le ombre di una bella città,
che potrebbe essere sempre soleggiata e piena di luce.
E invece, spesso, nasconde nel buio e nella solitudine le sue ferite.
La zanzara: storia di una battaglia notturna
Passare la notte a combattere con una zanzara. A Bari è all’ordine del giorno.
E poco importa se è inverno. O estate.
A quanto pare non è vero che le zanzare hanno bisogno di caldo. Oppure insieme alle stagioni, sono cambiate le regole biologiche di ogni essere vivente.
Fatto sta che stanotte una zanzara mi ha svegliato, disturbato e provocato.
I miei primi tentativi di difesa sono stati abbastanza grossolani, e forse un po’ goffi.
Come un cane impazzito, ho mosso le mani a mo’ di zampe, scacciando l’animaletto a destra e a manca. Ha funzionato solo per qualche secondo. Poi di nuovo un insopportabile ronzio nelle orecchie.
A un passo dalla mia sconfitta, desideravo poter offrire un compromesso al mio avversario. Mi sarei persino impegnata a offrirgli vitto e alloggio, pur di essere lasciata in pace.
Ma nulla.
Il mio nemico, la zanzara, non era disposto nemmeno a un breve periodo di guerra fredda.
Allora ho pensato a una strategia. Ho spalancato la porta della mia stanza, ho fatto aria con le mie mani perché si allontanasse da me e poi mi sono coperta fin su la testa. Quindi sono rimasta circa 30 secondi in una pseudo-apnea. Una sorta di sacrifico o forse una vera e propria mossa militare che mi ha permesso di dormire qualche ora.
Well done!
Presepi, forconi e panzerotti
Bari borgo antico, ore 12.
Passeggiando, alla ricerca di presepi e dopo averne visitati alcuni, chiedo a una signora:
«Mi scusi signora, per caso ci sono altri presepi in questa strada?»
«No signorina, avete visto quello del Carmine?»
«Sì»
«E allora qui non ce ne sono più»
«Va bene signora, la ringrazio. Buona giornata»
Pochi secondi dopo, la signora mi richiama:
«Signorina venite, venite. Vi faccio vedere quello di casa mia»
La signora mi ha aperto le porte di casa sua, mi ha mostrato il suo presepe e mi ha offerto, un panzerotto fritto, APPENA FATTO.
Buonissimo, naturalmente.
Al di là del gusto e della bella esperienza, c’è un messaggio forte in questo episodio.
Possiamo essere tutti amici, sempre e in ogni situazione.
Possiamo condividere con tutti, anche se estranei, le nostre intimità.
Le nostre case, le nostre vite.
Se riuscissimo a farlo, su scala globale, forse qualcosa cambierebbe.
E non ci sarebbero forconi, ma tante… tante forchette!
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