Uno splendido tramonto e una coppia di anziani, intenti a guardarlo. Si conoscevano? Erano innamorati? Non possiamo saperlo, ma lo abbiamo immaginato. Ne è nato questo racconto, scritto a quattro mani da me e da Marco Napoletano. Non abbiamo stabilito una regola, né un finale. Abbiamo scritto una storia, a turno, continuando lì dove l’altro aveva finito.

– A che pensi?
– A niente.
– Ma come? Davanti a te c’è tutto questo e tu non pensi a nulla?
– No. Proprio perché ho questo spettacolo davanti ai miei occhi non ho voglia di pensare. Ammiro.
– A me invece fa pensare.
– A cosa?
– A tutto, a noi, a cosa abbiamo costruito insieme. Ai nostri figli e ai nostri nipoti.
– E sono bei pensieri?
– Beh, se non fossero belli non sarei qui con te seduta su una panchina a guardare il mare.
– Hai ragione. La gente ci guarda lo sai?
– Lo so. Quei ragazzi ci fissano come se fosse strano che una coppia di anziani possa ancora godersi certi momenti. Ma secondo te possono capire la bellezza di questi momenti?
– No. Assolutamente no. Io e te veniamo qui per tutto questo, loro no. Loro sono spettatori inconsapevoli.
– Credi che i nostri nipoti siano come loro?
– Non lo so. Non credo. E poi adesso non voglio pensare. Te l’ho detto no?
– Secondo me non sono come loro. Secondo me anche loro guarderebbero il mare e non gli darebbero certo le spalle.
– Me lo auguro. È impossibile non restare imbambolati da tutto questo.
– Sei sempre stato così. Ti conosco da 60 anni e non sei cambiato di una virgola. E ti amo per tutto ciò che sei.
– Grazie!
– Sapevo che avresti risposto così e non con un “Ti amo anch’io”.
– Mi conosci. Solo tu mi conosci così bene.
– Solo io ti conosco così bene e mantengo il segreto.
– Ah Ah
– Che c’è da ridere?
– Sei gelosa. Alla nostra età, sei sempre la solita gelosa.
– Io? Ma quando mai!
– La stessa risposta che mi davi quando avevi vent’anni. Allora sì che avevi ragione… mi guardavano tutte!
– Secondo me ti guardano ancora!
– Sì, i dottori mi guardano…
– No, le altre nonne ti guardano, quando vai a prendere Giulia dall’asilo.
– Hai ragione. Mi guardano, perché le mie camicie sono sempre perfette. Belle, profumate, stirate.
– Sarà per quello… Sta tramontando. Che dici, rientriamo?
– E proprio sul più bello dobbiamo andare via? Ti ho portata qui proprio per questo. Poi, quando bevi quel vino della vigna nostra, diventi molto romantica…
– Io non sono romantica. Sono coraggiosa, perché continuo a dirti che ti amo.
– E io sono onesto, perché continuo a ringraziarti.
– Ah, sei onesto? Però la prima volta che mi hai visto, che bella bugia che hai inventato con mio padre!
– Eh, sessant’anni fa… Cosa potevo dire? “Signor Giuseppe, io faccio il contadino e vostra figlia mi piace assai?” Così gli dissi che avevo un posto…
– Sì, un posto alle poste. Che fantasia!
– Evviva la fantasia. Se non era per quella, il mio vino chissà chi lo avrebbe bevuto!
– Hai ragione. Evviva la fantasia, e pure il vino. Che di quel colore solo tu lo sai fare. Quasi rosso, ma un po’ più che rosato. Che ti posso dire…È speciale.
– Guarda il sole, guardalo adesso.
– Ecco. È questo il colore del tuo vino.
– Ricordo perfettamente quando mi innamorai del sole. Ero ragazzino e aiutavo mio padre nel vigneto, ma all’improvviso lui si fermò, si tolse il cappello e si andò a sedere sul carretto. Era di spalle a tutti noi e lo guardava. Guardava il sole Sofia. Si voltò verso di me e fece cenno di sedermi vicino a lui, io lo ascoltai come sempre e rimasi folgorato all’istante. Dissi tra me e me, il mio vino sarà rosso come questo sole.
– Ed è esattamente così. Come questo nostro sole, Carlo.
– Lo dici solo perché mi ami.
– Lo dicono tutti. Il tuo vino è come te.
– Speciale?
– Sì, speciale
– Ho fatto bene a portarti qui.
– Perché?
– Hai appena detto che sono speciale e che faccio un vino speciale…
– Sì
– E a me serviva proprio un posto speciale.
– Per fare cosa?
– Per dirti che ti amo. Non te lo dico mai. Ma questo posto è speciale, questo sole è speciale. E tu sei molto bella.
– Ma…
– Schh.. Sei molto bella e io ti amo. Ecco l’ho detto.
– Grazie.
– Ah, mi prendi in giro?
– No, è che…
– Cosa?
– Vorrei proprio darti un bacio.
– Vuoi fare ridere quei ragazzini, eh?
– No, voglio darti un bacio.
– E io speravo in un bacio.
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